La responsabilità penale del Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (RLS) in una recente sentenza della Corte di Cassazione Sez.IV Penale Sentenza n.38914 del 25/6/2023, depositata il 25/9/2023

La responsabilità penale del Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (RLS)

Il Dott. Leonardo Gesù, nel contributo odierno, si occupa di un caso che farà molto discutere in ambiente scolastico perché nuovo nell’ambito della responsabilità penale conseguente agli infortuni sul luogo di lavoro.
Il Titolo dell’approfondimento è: “La responsabilità penale del Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (RLS) in una recente sentenza della Corte di Cassazione Sez.IV Penale Sentenza n.38914 del 27/6/2023, depositata il 25/9/2023″.

Nell’articolo verranno analizzati i seguenti argomenti:

La Cassazione Penale – Sezione IV, con la sentenza n. 38914 del 27/6/2023, depositata il 25/9/2023, conferma la precedente sentenza della Corte di Appello di Bari che aveva ritenuto sia il Datore di Lavoro sia il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS) colpevoli del reato di omicidio colposo conseguente alla violazione delle norme in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.

In particolare al RLS

“…era stata ascritta la colpa specifica correlata a violazioni di norme in materia di sicurezza sul lavoro, per aver concorso a cagionare l’infortunio mortale attraverso una serie di contegni omissivi, consistiti nell’aver omesso di: i) promuovere l’elaborazione, l’individuazione e l’attuazione delle misure di prevenzione idonee a tutelare la salute e l’integrità fisica dei lavoratori; ii) sollecitare il datore di lavoro ad effettuare la formazione dei dipendenti (tra cui il lavoratore in questione) per l’uso dei mezzi di sollevamento; iii) informare i responsabili dell’azienda dei rischi connessi all’utilizzo, da parte del lavoratore, del carrello elevatore“.

Nel percorso motivazionale, la Corte precisa che

“l’art. 50 d.lgs. 81/2008 – che ne disciplina le funzioni e i compiti – attribuisce al Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza un ruolo di primaria importanza quale soggetto fondamentale che partecipa al processo di gestione della sicurezza dei luoghi di lavoro, costituendo una figura intermedia di raccordo tra datore di lavoro e lavoratori, con la funzione di facilitare il flusso informativo aziendale in materia di salute e sicurezza sul lavoro“.

Il Supremo Collegio rigetta in toto il ricorso proposto dagli imputati  e coglie l’occasione per ribadire, con riferimento al precedente grado di scrutinio giudiziale, che

“la sentenza impugnata ha illustrato adeguatamente i termini in cui si è realizzata la cooperazione colposa dell’imputato nel delitto di cui trattasi. Richiamati i compiti attribuiti dall’art. 50 al Responsabile dei Lavoratori per la Sicurezza, la sentenza ha, infatti, osservato come l’imputato non abbia in alcun modo ottemperato ai compiti che gli erano stati attribuiti per legge, consentendo che il lavoratore fosse adibito a mansioni diverse rispetto a quelle contrattuali, senza aver ricevuto alcuna adeguata formazione e non sollecitando in alcun modo l’adozione da parte del responsabile dell’azienda di modelli organizzativi in grado di preservare la sicurezza dei lavoratori, nonostante le sollecitazioni in tal senso formulate dal RSPP“.

Presentazione a cura della Dott.ssa Paola Perlini.
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Contributo a cura del Dott. Leonardo Gesù – Direttore SGA

La responsabilità penale del Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (RLS) in una recente sentenza della Corte di Cassazione Sez.IV Penale Sentenza n.38914 del 25/6/2023, depositata il 25/9/2023

La condanna del RLS per infortunio mortale occorso al  lavoratore: premessa

Il recente pronunciamento della Corte di Cassazione, sezione IV Penale, citata in epigrafe, traccia un nuovo solco nella giurisprudenza di legittimità in materia di responsabilità penale conseguente agli infortuni sul luogo di lavoro.

Nella pronuncia in commento, la Suprema Corte, individuando la responsabilità penale del RLS,  ridefinisce, parzialmente, la dicotomica, distinzione delle figure soggettive agenti nel sistema di prevenzione e protezione della sicurezza nei luoghi di lavoro:

  1. Le figure di garanzia del diritto costituzionalmente garantito che appartengono alla c.d. “linea gerarchica/operativa”, destinatarie di obblighi e di specifiche responsabilità in materia di prevenzione dai rischi lavorativi;
  2. I soggetti incardinati nella c.d. “linea collaborativa o consultiva”, portatori di particolari competenze di cui il Datore di Lavoro si avvale per adempiere al meglio ai propri obblighi in materia di sicurezza.

L’assegnazione al RLS di responsabilità penale, con riguardo al profilo del mancato esercizio della posizione di garanzia delle norme prevenzionistiche, determina, nel caso de quo, la compartecipazione colposa con il responsabile aziendale, della omissione di tutele funzionali alla prevenzioni degli infortuni in ambiente lavorativo.

Si tratta dell’apertura di uno scenario nuovo e mai prima determinato nei confronti di una figura di promanazione sindacale.

La sentenza della Cassazione Sez. IV Penale n.38914 del 27/6/2023

La Cassazione Penale – Sezione IV, con la sentenza n. 38914 del 27/6/2023depositata il 25/9/2023, conferma la precedente sentenza della Corte di Appello di Bari che aveva ritenuto sia il Datore di Lavoro sia il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS) colpevoli del reato di omicidio colposo conseguente alla violazione delle norme in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.

Nel caso scrutinato dalla sentenza in esame, al RLS viene confermata, in sede di vaglio di legittimità, l’addebito individuato dalla sentenza di appello, con assegnazione della colpa specifica, a titolo di “cooperazione nel delitto colposo” ex art. 113 c.p., correlata a violazioni di norme in materia di sicurezza sul lavoro, che hanno determinato, in concorso con il datore di lavoro, l’infortunio mortale di un lavoratore attraverso una serie di comportamenti omissivi, consistiti nel non aver promosso l’elaborazione, l’individuazione e l’attuazione delle misure di prevenzione idonee a tutelare la salute e l’integrità fisica dei lavoratori e nel non aver sollecitato il datore di lavoro ad effettuare la formazione dei dipendenti.

In particolare al RLS

“…era stata ascritta la colpa specifica correlata a violazioni di norme in materia di sicurezza sul lavoro, per aver concorso a cagionare l’infortunio mortale attraverso una serie di contegni omissivi, consistiti nell’aver omesso di: i) promuovere l’elaborazione, l’individuazione e l’attuazione delle misure di prevenzione idonee a tutelare la salute e l’integrità fisica dei lavoratori; ii) sollecitare il datore di lavoro ad effettuare la formazione dei dipendenti (tra cui il lavoratore in questione) per l’uso dei mezzi di sollevamento; iii) informare i responsabili dell’azienda dei rischi connessi all’utilizzo, da parte del lavoratore, del carrello elevatore“.

Nel percorso motivazionale, la Corte precisa che

“l’art. 50 d.lgs. 81/2008 – che ne disciplina le funzioni e i compiti – attribuisce al Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza un ruolo di primaria importanza quale soggetto fondamentale che partecipa al processo di gestione della sicurezza dei luoghi di lavoro, costituendo una figura intermedia di raccordo tra datore di lavoro e lavoratori, con la funzione di facilitare il flusso informativo aziendale in materia di salute e sicurezza sul lavoro“.

Nel caso di specie

viene in rilievo non se l’imputato (il RLS, n.d.r.), in tale sua veste, ricoprisse o meno una posizione di garanzia – intesa come titolarità di un dovere di protezione e di controllo finalizzati ad impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire (art. 40 cpv. cod. pen.) – ma se egli abbia, con la sua condotta, contribuito causalmente alla verificazione dell’evento ai sensi dell’art. 113 cod. pen.“.

Il Supremo Collegio rigetta in toto il ricorso proposto dagli imputati e coglie l’occasione per ribadire, con riferimento al precedente grado di scrutinio giudiziale, che

“la sentenza impugnata ha illustrato adeguatamente i termini in cui si è realizzata la cooperazione colposa dell’imputato nel delitto di cui trattasi. Richiamati i compiti attribuiti dall’art. 50 al Responsabile dei Lavoratori per la Sicurezza, la sentenza ha, infatti, osservato come l’imputato non abbia in alcun modo ottemperato ai compiti che gli erano stati attribuiti per legge, consentendo che il lavoratore fosse adibito a mansioni diverse rispetto a quelle contrattuali, senza aver ricevuto alcuna adeguata formazione e non sollecitando in alcun modo l’adozione da parte del responsabile dell’azienda di modelli organizzativi in grado di preservare la sicurezza dei lavoratori, nonostante le sollecitazioni in tal senso formulate dal RSPP“.

Nella formulazione del “memento mori” gli ermellini ricordano che l’art. 50 del D.Lgs n. 81 del 2008 disciplina le funzioni e i compiti del RLS, attribuendo allo stesso  un ruolo di primaria importanza quale soggetto fondamentale che partecipa al processo di gestione della sicurezza dei luoghi di lavoro, costituendo una figura intermedia di raccordo tra datore di lavoro e lavoratori, con la funzione di facilitare il flusso informativo aziendale in materia di salute e sicurezza sul lavoro.

La ratio argomentativa adottata dal giudicante nel caso in esame precisa come:

“…viene in rilievo non se l’imputato, in tale sua veste, ricoprisse o meno una posizione di garanzia intesa come titolarità di un dovere di protezione e di controllo finalizzati ad impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire (art. 40 cpv. c.p.) ma se egli abbia, con la sua condotta, contribuito causalmente alla verificazione dell’evento ai sensi dell’art. 113 c.p.”.

Sotto questo profilo, la sentenza della Corte d’Appello di Bari impugnata in cassazione specifica il profilo non virtuoso in cui si realizza la cooperazione colposa messa in atto dal RLS in violazione delle attribuzioni ex art.50 del D.Lgs.81/2008. Il medesimo RLS non avrebbe, secondo la prospettazione accusatoria, in alcun modo, ottemperato ai compiti che gli erano stati attribuiti per legge, consentendo che l’infortunato fosse adibito a mansioni diverse rispetto a quelle contrattuali, senza aver ricevuto alcuna adeguata formazione e non sollecitando in alcun modo l’adozione da parte del responsabile dell’azienda di modelli organizzativi in grado di preservare la sicurezza dei lavoratori.

La ricostruzione dell’iter argomentativo effettuato dalla Corte consente di valutare, ad una minima distanza dall’agone della discussione giuridica e  dottrinale, la reale portata del predetto pronunciamento, considerato che le implicazioni dell’addebito di responsabilità ex. Art.113 del c.p.  riguardano

“…l’imputato (che, n.d.r.) non abbia in alcun modo ottemperato ai compiti che gli erano stati attribuiti per legge, consentendo che il C.C. fosse adibito a mansioni diverse rispetto a quelle contrattuali, senza aver ricevuto alcuna adeguata formazione e non sollecitando in alcun modo l’adozione da parte del responsabile dell’azienda di modelli organizzativi in grado di preservare la sicurezza dei lavoratori, nonostante le sollecitazioni in tal senso formulate dal D.D.”.

Cfr. Cass. Sentenza 38914/2023, cit.

Il profilo di “doglianza” penale, oggetto dell’addebito al RLS, punisce la cooperazione colposa, vale a dire la coscienza e la volontà di concorrere con altri alla condotta violatrice delle regole cautelari (v. art. 43), associata alla previsione, o quantomeno alla  prevedibilità, dell’evento.

Appare indubbio, in tal senso, che la condotta criminis sia consistita, nel caso di specie, nel  non aver impedito il fatto in correlazione causale alla funzione assolta dal RLS che, in coscienza e consapevolezza di collaborare con altri alla protezione di una sfera soggettiva, ha determinato la violazione di una regola cautelare, senza tuttavia volerlo direttamente.

Ad ulteriore sostegni della tesi accusatoria, la Corte precisa che il RLS assume

“…un ruolo di primaria importanza quale soggetto fondamentale che partecipa al processo di gestione della sicurezza dei luoghi di lavoro, costituendo una figura intermedia di raccordo tra datore di lavoro e lavoratori, con la funzione di facilitare il flusso informativo aziendale in materia di salute e sicurezza sul lavoro”.

Vale la considerazione, in tal modo, che il mancato assolvimento delle attribuzioni proprie del RLS, come individuate nell’art.50 del D.Lgs.81/2008, hanno determinato nel caso in questione:

  • La mancata assegnazione  del lavoratore a mansioni diverse rispetto a quelle contrattuali in assenza di adeguata formazione;
  • L’assenza di sollecitazioni per l’adozione da parte del responsabile dell’azienda di modelli organizzativi in grado  preservare la sicurezza dei lavoratori.

La sentenza in esame supera oggi gli elementi di scrutinio presi in esame da precedente giurisprudenza in cui si rilevava, che

«le funzioni e le attribuzioni proprie del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza sono analiticamente indicate nell’art. 50, comma 1, d.lgs. n. 81/2008, e rendono assolutamente chiaro come quel lavoratore sia chiamato a svolgere, essenzialmente, una funzione di consultazione e di controllo circa le iniziative assunte dall’azienda nel settore della sicurezza». Sicché «non gli competono certamente quella di valutazione dei rischi e di adozione delle opportune misure per prevenirli e neppure quella di formazione dei lavoratori, funzioni che restano entrambe appannaggio esclusivo del datore di lavoro». Né questi precisi obblighi potrebbero essere, neppure in astratto, oggetto di delega al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza perché, altrimenti, si verificherebbe una commistione di funzioni tra di loro inconciliabili, «essendo alla figura prevista dall’art. 50 affidate funzioni di controllo sull’adempimento degli obblighi datoriali che negherebbe il sistema stesso delineato nella vigente normativa antinfortunistica».

Il ruolo e le attribuzioni del RLS: prima e dopo il pronunciamento della Cassazione Penale

In conformità alle disposizioni europee, il legislatore del D.Lgs.81/2008 ha disciplinato la figura del RLS quale soggetto che partecipa al processo di gestione della sicurezza del luogo di lavoro attraverso la forma della consultazione da parte del datore di lavoro;

tale consultazione deve avvenire:

  1.  ex ante, nella procedura di valutazione del rischio;
  2. ex post, nell’attività di verifica dell’idoneità ed efficacia delle misure di prevenzione e protezione poste in atto.

Il RLS è titolare del diritto di consultazione preventiva per ciò che riguarda:

  1. la valutazione dei rischi;
  2. l’individuazione, la programmazione e la verifica dell’attività di prevenzione sui luoghi di lavoro;
  3. la designazione degli addetti al servizio di prevenzione e protezione, l’attività di prevenzione incendi, il primo soccorso e le procedure di emergenza;
  4. l’organizzazione della formazione.

Altra funzione significativa è rappresentata:

  •  dall’attività  propositiva, propulsiva e sollecitatoria in materia di sicurezza;
  • dall’attività di controllo diffuso circa l’applicazione delle norme per la sicurezza, con il connesso potere di fare ricorso alle autorità competenti qualora ritenga che le misure adottate dal datore di lavoro non siano idonee a garantire la sicurezza e la salute dei  dei lavoratori.

Il RLS, altresì:

  • ha diritto all’accesso al documento per la valutazione dei rischi (DVR);
  • è titolato a partecipare alla riunione periodica ex art.35 del D.Lgs.81/2008 nel cui contesto si effettua, tra l’altro, la valutazione della situazione della sicurezza mediante l’esame del DVR.

Per ciò che concerne la normativa pattizia in ambito scolastico, il ccnl 29 novembre 2007. dedica al tema gli articoli da 72 a 76 che prevedono:

  • art. 72: la necessità di realizzare l’intero sistema di prevenzione all’interno delle istituzioni scolastiche, in coerenza con le norme legislative di riferimento e con quanto stabilito dal contratto collettivo nazionale quadro del 10 luglio 1996 in materia di rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza nel comparto pubblico.
  • art. 73: un sostanziale e generico rinvio alla disciplina di cui agli art. 18 e 19 del decreto legislativo n. 626/1994 (oggi articoli 47 e 48 del decreto n. 81/2008) quanto alla figura del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, che in tutte le unità scolastiche previste dal decreto ministeriale n. 382/1998, è eletto nei modi previsti dall’ Accordo quadro 10 luglio 1996 e dall’art. 58 del CCNI 31 agosto 1999. Qualora non possa essere individuato, la RSU designa altro soggetto disponibile tra i lavoratori della scuola.
  • art. 74: l’affidamento alle delegazioni trattanti a livello scolastico regionale dei compiti e ruoli dell’organismo paritetico previsto dall’art. 20 del decreto legislativo n. 626/1994 (oggi enunciato dall’art. 2, comma 1 e regolato dall’art. 51 del decreto n. 81/2008).
  • art. 75: la riconferma dei compiti dell’Osservatorio Nazionale Paritetico (monitorare lo stato di applicazione della normativa, coordinare l’azione dei comitati paritetici territoriali, avanzare proposte agli organi competenti in merito alla normativa e alle sue applicazioni, fare da raccordo con i soggetti istituzionali a livello nazionale operanti in materia di salute e sicurezza).
  • art. 76: un generale rinvio, per quanto non previsto, al decreto legislativo n. 626/1994, al decreto legislativo n. 242/1996, al decreto ministeriale n. 292/1996, al decreto ministeriale n. 382/1998, al CCNQ del 7 maggio 1996 e alla legislazione in materia di igiene e sicurezza.

Considerazioni conclusive

La legislazione italiana attribuisce agli RLS compiti importanti e a volte complessi.

Allargare il perimetro delle responsabilità a carico di una figura strategica del sistema, la cui correlata  funzione di tutela e protezione del diritto alla salute dei lavoratori rappresenta un momento alto e significativo di impegno solidaristico, non accompagnata dal reale sostegno delle competenze professionali, manifesta un minus nella reale capacità del nostro ordinamento di produrre efficace prevenzione e protezione sul luogo di lavoro.

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