Secondo le leggi statali, nel momento in cui si raggiunge l’età pensionabile e si è dipendente di azienda o società (pubblico o privato), è fatto obbligo di dare le dimissioni al proprio datore di lavoro.
Il dovere è stabilito anche se – ad eccezione di chi ha sfruttato Quota 100 o 102 – una volta andato in pensione, non esistono divieti che non permettano di continuare a lavorare.
Ciò, per ovvie ragioni, non vale per il lavoratore autonomo, per il quale non è richiesta la cessazione dell’attività lavorativa.
Tempi di preavviso per le dimissioni
Giacché ogni attività lavorativa richiede un certo numero di lavoratori all’attivo, nonché un’organizzazione basata proprio sulla base delle forze messe in campo, è fatto obbligo anche rispettare determinati tempi per poter dare le dimissioni. Ciò in modo tale che il datore di lavoro non si trovi in difficoltà.
Il contratto di lavoro, la qualifica, l’anzianità di servizio e altri fattori, come anche il tipo di attività lavorativa, determineranno invece i tempi di preavviso richiesti. Si parte, ad esempio, da un minimo di 30 giorni fino a 5 anni di anzianità di servizio, fino a 60 giorni per oltre i 10 anni di attività.
È sempre data però la possibilità di interscambio tra lavoratore e datore di lavoro, ai fini dell’inserimento di clausole o accordi che possano aumentare o diminuire i tempi richiesti per legge.
Esistono poi
- l’indennità di mancato preavviso, qualora non venissero rispettati i tempi richiesti o per il mancato preavviso. Il datore di lavoro ha dunque la possibilità di trattenere l’indennità a carattere risarcitorio, che è pari alla retribuzione che il lavoratore aveva in attività.
- L’indennità sostitutiva, corrisposta invece al lavoratore, qualora il datore avesse già un sostituto e non richiedesse neanche il preavviso di dimissioni.
La data di decorrenza delle dimissioni viene invece calcolata in base al termine del tempo di preavviso e la cessazione effettiva del lavoro. In linea di massima, dunque, la data precisa dovrà essere indicata facendo riferimento al giorno successivo all’ultimo giorno di lavoro effettivo.
Anche qui, però, in base al CCNL possono variare le richieste e disposizioni, quindi è sempre bene verificare prima di consegnare la lettera di dimissioni.
Come dare le dimissioni nel pubblico e nel privato
Per quel che riguarda il settore pubblico, le procedure da seguire per dare le dimissioni dipendono direttamente dalle richieste specifiche dell’Amministrazione di competenza.
Quest’ultima, dovrà infatti consegnare un modello che il lavoratore dovrà compilare e consegnare (a mano o tramite raccomandata A/R) all’Ufficio di Accettazione a cui l’Ente aziendale fa riferimento.
Per il settore privato, invece, esiste un apposito servizio online presente sul portale del Ministero del Lavoro.
Il modello e la procedura valgono per tutti i motivi che portano alla cessazione del lavoro (pensionamento di vecchiaia o anche pensione anticipata ad esempio)
Alla data di ricevimento delle dimissioni all’INPS, entro tre mesi si riceverà risposta con la Lettera Unicarpe, tramite la quale si dà il via al processo di pensionamento.
La prima rata arriverà qualche giorno dopo il ricezione della lettera.
In generale, dal momento in cui si danno le dimissioni, occorrono dunque circa 55 giorni di tempo perché si inizi il rapporto di pensionamento.
La pensione di vecchiaia, poi, ricordiamo che decorre a partire dal mese successivo a quando si raggiunge l’età pensionabile. La prima quota ricevuta sarà però sempre comprensiva degli arretrati qualora la richiesta da parte dell’INPS venisse accettata più tardi del primo giorno del mese.
Articolo di Sara Barone
Fatta domanda di pensione a 66 anni con 42 di contributi arrivata lettera al datore di lavoro da inps dicendo che entra in pensione il 1 febbraio 2023.
Ora in pensionamento ma il pensionato non ha ricevuto ancora nessuna lettera da inps. che cosa si deve fare
Grazie