LA GIORNATA DELLA LEGALITÀ IN MEMORIA DI GIOVANNI FALCONE E PAOLO BORSELLINO
“Uomoni d’onore, voi siete come me. Avete un’anima, come ce l’ho io. E oltre l’anima cosa avete? I sentimenti, solo che non sapete di possederli. Allora, è venuto il momento di tirarli fuori”
Ci piace iniziare questa giornata con una frase con la quale il magistrato Paolo Borsellino si approcciava ai suoi imputati. Non ‘bestie’, come essi stessi si definivano, bensì uomini in carne, ossa e, soprattutto, anima, troppo spesso celata e tenuta nascosta.
La forza degli uomini e delle donne che hanno creduto nella giustizia, come di tutti coloro che di giorno in giorno si battono affinché ogni momento sia un pezzo in più nel puzzle della legalità, è tutta qui racchiusa.

Una sfida ardua, forse la più dura dei nostri secoli, che probabilmente affonda le sue radici ancor più profondamente, fino ad arrivare agli anni della Preistoria. Perché, si sa, la malavita è sempre stata all’ordine del giorno nelle nostre società, seppur con diversi nomi, protagonisti e inclinazioni.
Oggi, 23 maggio, si celebra così la Giornata della legalità, quasi come fosse una sorta di utopia a cui aspirare, un momento soltanto per ricordare dove siamo arrivati e, ancora una volta, dove dovremmo arrivare, perché siamo sempre così lontani dalla sua realizzazione, che sia anche soltanto parziale.
Sei anni di lavoro, che hanno visto 460 imputati, 200 avvocati difensori, 19 ergastoli e un ammontare di pene di 2.665 anni di reclusione.
Questi i numeri della più grande storia dell’antimafia, con protagonisti e vittime, infine, il magistrato Paolo Borsellino e il Giudice Giovanni Falcone.
Proprio in questo giorno, infatti, nel 1992, quest’ultimo perdeva la vita, e con lui anche la moglie, Francesca Morvillo, nonché gli agenti della scorta, che pure bisogna sempre ricordare, nei nomi di Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro.
Stessa sorte, solo qualche mese dopo, il 19 luglio, toccò a Paolo Borsellino, a causa di un’esplosione sotto casa.
Storie che ormai fanno parte della nostra esistenza e che mai dovremmo dimenticarci di commemorare. Racconti che anche dopo più di trent’anni lasciano ancora brividi e mettono sempre paura.
E non sono i soli.
La mafia è un’organizzazione criminale che da molti decenni, per i propri interessi, impoverisce un territorio, uccide e incute terrore.
Eppure, se è vero che la mafia uccide, bisognerebbe ricordare che spesso anche il silenzio lo fa e che, troppe volte, l’omertà e la paura mietono più vittime di una lama.
In questo giorno dovremmo pensare a non fare mai finta di non vedere, a non lasciare che siano sempre gli altri a prendere posizione.
Il problema, forse quello più grande, senza la quale risoluzione non potremmo mai arrivare da nessuna parte, risiede sempre nella protezione che vi è alle spalle. Un uomo senza Stato a proteggerlo è un uomo senza scudo.
Disarmati, inermi e soli. Quello che più di ogni cosa dovremmo auspicare, forse, in questo e in ogni nostro istante, è il poter sentirsi al riparo dall’illegalità.
Questa, forse, la vera utopia.
Articolo a cura di Sara Barone